Caro Prof. Salvolini, caro Ugo, continuiamo con te le interviste ai personaggi della Neuroradiologia che hanno contribuito alla diffusione della nostra disciplina in Italia. Ecco le domande:

1 – Ti sei laureato a Roma e specializzato in Radiologia ed Oncologia, cosa ti portò a scegliere e dedicarti  alla Neuroradiologia?

La scelta della Neuroradiologia risale agli ultimi anni di università. All’epoca mio padre, radiologo, dirigeva il servizio di Radiologia di una casa di cura dove visitava il prof. Brizzi (Neurochirurgo): questi voleva effettuare alcune indagini neuroradiologiche, e mio padre mi domandò di informarmi in merito. Conseguentemente presi contatto con la Neurochirurgia di Roma dove all’epoca operava il prof. Guidetti. Io abitavo a Roma in una camera in affitto presso il sig. Rotellini che era tecnico di Radiologia con i prof. Castorina e Silipo (Neuroradiologio della Clinica delle Malattie Nervose e Mentali): questo facilitò il contatto. Io ero al quinto anno e dovevo scegliere la tesi: Guidetti mi propose di analizzare la sua casistica di aneurismi cerebrali operati, cosa che mi impegnò per due anni circa rivedendo tutte le angiografie; così mi laureai con una tesi di argomento neuro radiologico (relatore prof. Gozzano) .

2 – Neuroradiologia diagnostica e interventistica, formazione e rapporti tra questi 2 rami, come vedi il futuro?

Neuroradiologia diagnostica ed interventistica: due rami che richiedono sempre più una preparazione professionale approfondita; non credo che si possa essere formati pienamente nelle due sotto – specialità, anche se ovviamente è indispensabile che vi sia una preparazione di base comune. Difficile prevedere il futuro, soprattutto in una fase in cui si tende a risparmiare concentrando le competenze affini. L’ideale per me sarebbe avere Centri di Neuroradiologia di riferimento con le due attività svolte ad alto livello, che possano funzionare come HUB per centri periferici in cui svolgere la parte diagnostica ed alcune procedure interventistiche (ad esempio sulla colonna).

3 – Mi parli di 3 persone che hanno influenzato la tua vita professionale e le tue scelte 

Ho avuto la fortuna di incontrare nella mia vita professionale, Maestri famosi da cui ho potuto apprendere non solo la Neuroradiologia; le persone che hanno maggiormente influenzato la mia vita professionale sono state molte: in primo luogo mio padre Ubaldo da cui ho appreso non solamente la Radiologia (facendo anche per lui il tecnico di radiologia) ma anche l’approccio con i pazienti; devo molto a Pierre Rabischong, con il quale sono entrato in contatto tramite Jacqueline Vignaud: da questi ho appreso la radio – anatomia del basi cranio e la radiologia clinica della testa e del collo, insegnata con i corsi a piccoli gruppi. Nel mio periodo di formazione in Francia sono stato molto influenzato da Auguste Wackenheim in particolare per colonna vertebrale e da Emmanuel Alain Cabanis per le orbite e la neuro – oftalmologia: da quest’ultimo ho anche appreso a preparare le presentazioni per i Congressi, passando notti intere a rifinire i minimi dettagli ed a provare. Dai quattro Maestri che ho ricordato sopra deriva anche la passione per la qualità delle immagini in relazione al loro contenuto di informazioni. Non posso trascurare di sottolineare quanto devo a Gianfranco Pistolesi in particolare per quanto riguarda il metodo di insegnamento e la organizzazione del Servizio di Radiologia.

4 – Quali sono i tuoi hobbies?

Ho pochi hobby: mi piace andare a vela, mi piaceva sciare (ora ho smesso per ragioni anagrafiche) e mi rimane il piacere della montagna in inverno; mi piace ascoltare la musica sinfonica, e mi piace anche insegnare!

5 – Parlami di Giovanni Di Chiro, so che eravate molto legati.

Ho considerato Giovanni Di Chiro un Maestro: il suo testo sulla pneumoencefalografia è stato uno dei miei riferimenti principali. E’ stato un esempio di come si possa reagire alla sfortuna non lasciandosi abbattere: certamente gli Stati Uniti sono un ambiente in cui sono possibili certe cose impossibili altrove; mi ricordo che diceva che se fosse rimasto in Italia si sarebbe trovato sui gradini di una chiesa a chiedere la elemosina! Ho avuto il piacere di incontrarlo di persona al Symposium di Goteborg nel 1970 dove lo aiutai a salire con la carrozzella sul palco ( Di Chiro voleva contestare la primogenitura della angiografia spinale contro Djindjian). Da allora rimasi in contatto con lui ed ebbi la opportunità di accompagnarlo nel suo ritorno in Italia nel 1975. Persona molto dura, rigorosa, abituato a lottare per affermare le sue idee; mente lucida che ha compreso immediatamente le nuove possibilità offerte dalla TAC, così da essere un riferimento culturale anche in questo campo. Probabilmente è stato il Neuroradiologo italiano più considerato in campo internazionale, e forse non ha avuto in Italia il riconoscimento dovuto.

6 – Come consideri la Neuroradiologia Italiana ed Europea rispetto a quella americana o asiatica?

La Neuroradiologia Europea (più che mai oggi anche italiana) ha dei presupposti culturali solidi e delle radici profonde che la differenziano da quella Nord – Americana: non dimentichiamo che la Neuroradiologia è nata e si è sviluppata in Europa esprimendo Maestri indimenticabili; a mio avviso il rapporto diretto con il paziente ed il rapporto stretto con le Neuroscienze sono le caratteristiche principali europee.

7 – Come sei riuscito a farti acquistare e montare la prima (o seconda) TC in Italia?

Ho spiegato più volte come ho potuto avere la seconda TAC in Italia (la prima è stata quella di Ruggiero a Bologna). Una convergenza di più fattori: economici (budget a disposizione per ristrutturare la Neuroradiologia dopo il terremoto di Ancona nel 1972), umani (comune idea fra Neurologo, Neurochirurgo, Radiologo e fiducia del Consiglio di Amministrazione ), tempestiva informazione ( 1972 congresso ESNR Bologna), spinta a crescere e propensione mia per le novità che mi hanno portato a puntare tutto su una carta che si è rivelata vincente.

8 – Cosa puoi consigliare ad un giovane medico che vuole iscriversi alla specializzazione in Radiodiagnostica? 

Ad un giovane medico che vuole iscriversi alla Specializzazione in Radiodiagnostica posso consigliare di non rinunciare alla Medicina per la Tecnologia, e di non legarsi ad una metodica, ma piuttosto identificare quale sia filone di Radiologia Clinica cui dedicarsi, senza dimenticare quello che diceva Wackenheim: la radiologia ha una data di nascita e quindi si deve prevedere anche una data di morte!

Grazie Professore. Mi saluti la Sua splendida Ancona!!
Mario