Oggi ho il piacere di intervistare un uomo di cultura, un amico, un grande professionista ed un maestro, Mino Andreula.
Ciao Mino, grazie per avere accettato, lo sai che è una intervista particolare per me, spero di essere stimolante e sintetico nelle mie domande.
– Gli anni dell’Università come ti hanno orientato alla Neuroradiologia? C’è stato un faro che ti ha fatto scegliere questa strada?
Ho sempre amato la neuroradiologia. Mi è sempre piaciuta l’obbedienza alla sua necessità di scelta binaria, all’imposizione di continui controlli dei tuoi ragionamenti, alla attribuzione del sintomo ad una sede anatomica. Fatto questo sentii il bisogno di vedere da me il guasto, l’errore embriologico, il danno e il perché di tutto ciò. Pertanto non un faro esterno ma la mia innata curiosità e il mio michelangiolesco tormento ed estasi.
– Ricordo di averti conosciuto a Selva ad una riunione, mi desti ottimi consigli ed io ero giovane. Io sono ottimista per il futuro, vedo molti giovani di grande qualità, interessati e motivati. Sei d’accordo?
Nella mia ormai lunga vita di neuroradiologo ho conosciuto tanti giovani e con tanti ho scambiato idee nei corsi che organizzavamo, ho avuto la fortuna di avere specializzandi a me affidati e a loro ho cercato di passare un metodo più che le mie mere conoscenze. Sono stato giovane anch’io e ho vagato alla ricerca della soluzione e alla mia fame di sapere. Ascoltare e imparare? Ascoltare e trarre spunto per leggere (leggere significa studiare sui libri e sul web, dovunque ci sia conoscenza)? Osservare e cercare di capire l’atteggiamento del docente al raggiungimento della soluzione diagnostica? Leggere e poi cercare conforto e confronto sulle proprie idee? Forse e certamente tutti questi elementi, ma alla fine creare un proprio percorso che però risenta di una kantiana memoria: l’intuizione sensibile del riconoscimento dell’immagine, l’intelletto con la categorizzazione dei dati, e la ragione che porti alla conclusione, da sottoporre però ad un ulteriore controllo: la ragione come imputato e giudice al tempo stesso.
Il mondo sta cambiando, è cambiato: vedo tanti giovani che portano una innovazione di atteggiamento, che si discostano dalle nostre precedenti certezze, che rileggono i comportamenti, ma che, per fortuna, sono convinti che non esiste futuro senza un passato.
Il nostro attuale dovere per la crescita dei giovani è fare un passo di lato, beninteso non indietro, perché si possa essere consiglieri non prevaricatori, suggeritori, inducenti al dubbio, nel pieno rispetto però delle idee dei giovani, e consapevoli della necessità della loro edipica ribellione.
– Machine learning, deep learning and A.I.. Parlamene, sono curioso di sapere il tuo punto di vista
In questo momento della mia vita sono sommerso da questo argomento col carattere familiare di aver Nicolò mio figlio che studia questi fenomeni sul versante economico (e ho subito storto il naso temendo l’invasione del denaro e il suo contagio nella purezza di intellettuale che prescinde) e l’impatto che avranno o meglio stanno già avendo nella nostra società.
Dopo una iniziale, tiepida difesa mi sono arreso e ho cercato come dice Frank Underwood in House of Cards : If you don’t like the table set, turn on the table! (se non ti piace come è apparecchiata la tavola, butta all’aria il tavolo!)
E ho cercato di capire.
In una intervista a Forbes, Brad Smith presidente di Microsoft afferma che uno dei lavori destinati ad essere soppiantati dalla intelligenza artificiale sarà quello del radiologo, ma aggiunge: i lavori che non scompariranno saranno quelli dell’empatia. Uno studio dell’Economist, il settimanale britannico, invece è più ottimista riguardo al futuro della nostra professione, ma è chiaro che siamo ad un momento di svolta quasi darwiniana.
Riusciremo a sopravvivere alla Quarta Rivoluzione Industriale solo se sapremo integrare nel nostro lavoro qualità prettamente umane come creatività, compassione, comunicazione e capacità di risolvere problemi mai visti prima. A questo dobbiamo aggiungere, ovviamente, una preparazione scientifica e una competenza “tecnologica” che ci permetta di far lavorare le macchine per noi, di svolgere compiti a basso valore aggiunto.
Ma dovremo studiare cose diverse ed essere flessibili, altrimenti, come dice Nicolò, finiremo a pulirli e lustrarli i robot invece che progettarli.
Ma come convivere con le macchine?
Potremmo lasciare ai robot la scrematura iniziale degli esami insegnando loro i nostri criteri di rilievo di normale e patologico, del “c’è qualcosa che non va”. E noi potremmo dedicarci alla seconda opinione riprendendoci appieno il colloquio col paziente e lo studio della complessità dei sintomi. Attribuendoci o riattribuendoci il nuovo-vecchio ruolo di CLINICO RADIOLOGO più che di RADIOLOGO CLINICO?
Quindi un nuovo umanesimo a trazione tecnologica.
– La cultura nel senso ampio della parola è l’anima pulsante di una società, di una nazione. In Italia secondo l’UNESCO , è presente il 60% del patrimonio culturale mondiale. Come lo difenderesti e promuoveresti? (so che sei molto sensibile su questo punto!)
Costruire sul passato esplorando il futuro. È la nostra sfida per un mondo migliore. Il recupero della nostra cultura basata sull’arte e sulla storia, non può prescindere dalle tradizioni, di tutto il nostro mondo che ci ha circondato dalla nascita e ci è stato tramandato dai racconti di genitori e nonni. È nostro dovere ottemperare al nostro compito di insegnanti di comportamento sociale e di predisposizione alla cultura. In tutte le famiglie un libro (anche in formato digitale….) dovrebbe essere sempre aperto, un quadro, una scultura dovrebbero essere guardati e commentati per scoprire la loro potenza di trasmissione del pensiero dell’artista, sentendo una lezione di astrofisica in cui si citava Leonardo il genio che non portava a compimento niente, ma che forse bramava di passare ad altro impegno forse più sfidante, certamente più stimolante perché nuovo, perché non affrontato, perché non compreso.
La storia non può essere relegata nell’angolo buio della nostra mente perché passata, ma va ripensata e riattualizzata.
Il mito di Europa non può essere solo uno dei tanti amori di Zeus, nè Pericle essere celebrato come l’inventore della Democrazia, Adriano per l’amore di Antinoo, Martin Lutero per i cupi vestiti neri che indossava, Elisabetta per essere the Virgin Queen….
Promuovere quindi significa invitare allo studio, scegliere il pretesto di una mostra per approfondire, imporre la riflessione su una opera, su un libro, su un evento storico…..sì, imporre.
– Sanità pubblica e privata, possono realmente coesistere?
Per tutta la mia vita ci ho creduto e tra delusioni ed entusiasmi credo di essere un fortunato ad aver vissuto pienamente le due esperienze e ad aver maturato l’idea che si può affrontare questa sfida anche in Italia. Purtroppo l’attuale politico non comprende appieno il vero significato del suo ruolo. Lo Stato nella mia opinione dev’essere controllore rigoroso imponendo meno numeri ma qualità, meno norme, ma più strategie, meno ingerenze in campi dove l’economia deve lasciare il passo all’umanizzazione, alla solidarietà non gridata ma attuata, all’affetto per l’altro: certo i conti devono tornare ma non possono essere rigidi e incasellare i bisogni.
Nella mia esperienza del privato colto ormai ventennale (dopo un trentennio di pubblico) ho scoperto che la ricerca di qualità può essere perseguita tenendo sempre d’occhio il problema economico. Ho potuto cambiare certi percorsi diagnostici e terapeutici rendendoli rapidi e concludenti. Ho potuto ottenere nella maggior parte dei casi di aver un quesito clinico e una richiesta di esame accompagnato dal sorriso del clinico che mi diceva “scegli tu che fare”. Ho potuto trasformare in regola la partecipazione alla discussione clinica sulla maggior parte dei pazienti, modificando i percorsi diagnostici.
Ho potuto, ho potuto, ho potuto…. organizzare la mia vita.
Dovunque nel pubblico e nel privato bisognerebbe tener d’occhio il business plan. Non è possibile come avviene frequentemente comprare apparecchiature il cui uso sia saltuario, molto circoscritto, e scarsamente benefico per il paziente. Ci sono pochi soldi e vanno utilizzati bene. Certo la Ricerca con la erre maiuscola deve poter inseguire sfide che talvolta non ottengono risultati a breve scadenza e quindi spendere risorse economiche cospicue, ma anche in questo campo accettare il supporto del Privato che spesso induce un maggior rigore mantenendo accesa la luce sui conti.
– Pittura o scultura, classica o contemporanea, cosa preferisci?
Ti chiedo: sono pittura i dipinti di Michelangelo del giudizio Universale o sculture pittoriche perché lui si sentiva scultore? e Leonardo che nel Cenacolo riassume nello stesso quadro una sequenza temporale: dal Cristo che afferma: uno di voi mi tradirà, lo stupore concitato dei discepoli vicini a lui, e la rassegnazione al quasi già accaduto degli apostoli più lontani? è arte contemporanea la tomba del Verrocchio per Piero e Giovanni de’ Medici che immette il suo umanesimo puro senza fronzoli e santi protettori in una tomba che dovrebbe esaltare la religione? E’ arte classica la pittura di Rothko che maneggia il trasbordo dei colori su un tela? lo faceva il Beato angelico sugli affreschi. Tutti i grandi rinascimentali si sarebbero voluti cimentare sul marmo lasciato da Agostino da Duccio, ma chi si era cimentato trovava impossibile ricavarci il David. Michelangelo lo scrutò e poi si inventò l’ancheggiare di David uomo fatto, per superare l’impasse della curvatura del marmo. E che dire di Kounellis che ha inventato l’arte povera della forza materica: il maneggiare un legno, un metallo, il marmo per assecondarne la forza non è rinascimentale?
Tutta l’arte è bellissima ed è contemporanea, e ha sempre la forma di una soglia inafferrabile fra un “non ancora” e “non più”.
– Religione oppio dei popoli?
La cultura si nutre della critica e prevede la capacità di difendere il proprio credo non contestando le dottrine altrui ma riconoscendone i tratti positivi. In questo mio pensare mi ispiro alla figura di Erasmo da Rotterdam che seppe ascoltare dalla parte della sua rigorosa religione cattolica le tesi di Martin Lutero, comprendendone alcune verità come la critica alle giustificazioni artificiose e falsamente erudite dei comportamenti deteriori delle autorità della Chiesa (vendita delle indulgenze e giustificazioni delle depravazioni dei preti fino ai papi) e alla superstizione, non potendo però accettare il servo arbitrio, che limitava la libertà umana e la misericordia divina.
Certo tanti anni sono passati ma l’idea di humanitas nel rispetto della dignità degli altri con comprensione e assistenza, che eredita una cultura passata, una cultura che fonda, e della pietas quale esigenza interiore di buon comportamento ( la legge morale dentro di me di kantiana memoria) radicata nell’animo sono concetti universali e sempiterni, tuttora i cardini di una fede attuale aderente ai tempi.
– La didattica , la ricerca e la loro integrazione con l’assistenza trovano ancora alcune resistenze. Perché?
Perché non si accetta ancora il concetto di conoscenza e di sapere che passa attraverso l’esperienza, e l’esercizio del sapere non può essere attribuito mediante schemi solo normativi ma attraverso la dedizione per l’insegnamento.
– Per finire una personalità della neuroradiologia non italiana che non dimentichi.
Ho avuto la fortuna di imparare da due grandi della Neuroradiologia americana Chuck Fitz e Derek Harwood Nash. Loro lavoravano fianco a fianco a Toronto e si integravano alla perfezione: Chuck era il rigore scientifico, la ricerca minuziosa del dettaglio, del segno, del precedente caso discusso, Derek era l’esplosione del sapere e della creatività, era Rombo di Tuono, come l’altro era il Sommesso. Ma che giorni ho trascorso: non ho imparato neuroradiologia, ho imparato scienza, ho imparato a confrontarmi con le immagini e con la diagnosi. Ho imparato che se non ci arrivi, abbandona tutto e riprendi l’indomani come se non ci fosse stato un ieri, e ho imparato a controllarmi come potrebbe fare il più cavilloso giudice.
Quelle esperienza mi ha cambiato. sono tornato diverso. E grazie anche alla loro umanità che spesso alberga nei grandi uomini, e va colta assaporata e introiettata.
E ancora Judith Donovan Post: alla raggiunta maturità il tocco di una fatina talvolta impacciata nel giornaliero ma una fonte estrema di riflessioni.
E ora voglio finire con l’altro mio amore della mia vita ( il primo, chi mi conosce lo sa, è Antonellina mia!) la Neuroradiologia ma non quella dei libri e delle”lastre” quella di tutti i giorni e parlarvi della bellezza di aver conosciuto tanti e riprendere un mio vecchio discorso di quando ho incontrato la Neuroradiologia. La prima volta che la incontrai fu durante un congresso Nazionale a Firenze tanti, tanti (?) anni fa.
Ero giovane spaurito , intimidito dai tanti nomi che avevo solo letto sui lavori e che ora avevano facce, voci, personalità.
Ero nascosto in alto sull’anfiteatro e con Maurizio Resta mio compagno di ventura e di vita (ormai lo posso dire: quante ne abbiamo vissute, eh, Maurizio?) osservavamo, commentavamo.
Come talvolta succede nelle assemblee societarie la discussione era accesa, si discuteva del nostro futuro, si affermava l’autonomia, si difendeva la pecularietà del nostro lavoro. E si accendevano dibattiti e liti sui modi, sui percorsi, sulle priorità.
Da allora ho assaporato il clima societario per anni calandomi nella Società, lasciando che essa diventasse una parte importante del mio essere neuroradiologo.
Non si può prescindere, non si può glissare. Bisogna esserne parte, bisogna accettare il coinvolgimento, bisogna non dimenticare il tuo vicino di stanza, il tuo collega dell’altro ospedale, l’amico dell’altra regione, il neuroradiologo che consideri esperto e che sta là a tanti chilometri di distanza pronto se lo interpellerai a darti un consiglio, un suggerimento, uno spunto.
Questa è la vita di una Società che vuole essere non egida di patrocinio, non esattore di quote, non strana combriccola di consiglieri, o presenza ai tavoli di presidenza, ma giornaliera compagna di problemi, elemento risolutore di dubbi non solo diagnostici, momento di incontro e di conoscenza.
Io della neuroradiologia ho la sensazione non solo di qualcosa che è diventato lavoro, non solo di appagamento della mia fame di conoscenza, ma di amicizie nate davanti a un diafanoscopio, davanti a un monitor , nelle sedie rosse di un congresso, nelle sale di un corso, nei ristoranti scoperti insieme in città disparate, nella gomitata che ricevevi quando chiudevi gli occhi durante una lezione noiosa, nello scherzo goliardico su quella neuroradiologa così bella.
Faremo, faremo, faremo: scherzavo con i miei più cari amici, che sono anche neuroradiologi e iniziavo discussioni di come dovevamo proseguire, di quale lotta dovevamo affrontare, di quale portentoso espediente avevamo pensato, e ridevamo e ci arrabbiavamo e ricominciavamo davanti ad un bicchiere di vino, ad una serata che ricominciava dopo essere finita, ad una passeggiata intorno all’albergo al freddo o nella tenera notte, che… facciamoci quattro passi che parliamo.
E i Leonardi, e gli Scotti e i Salvolini che chiarivano a modo loro, che ripensavamo, che combattevano, e la quieta tranquillità del prof. Elefante che mi ha insegnato a seguire gli eventi osservando e rinviando una decisione di un momento, di un’ora, di un giorno di quel tanto che bastava per ripensare, per riflettere, per decidere.
E Leonardi mi ha insegnato l’appartenenza ad un gruppo, ad una etnia, a essere neuroradiologo, e Scotti l’affaccio su lamerica (non è un refuso), e Salvolini la vis polemica importante, rabbiosa, cruda.
E tanti che ho conosciuto e ognuno di loro mi ha regalato un pezzettino della loro vita, della loro attenzione, del loro tempo.
Sossio dall’animo puro che a tanto mi ha iniziato trasmettendomi il suo entusiasmo nelle bellezze della vita. E Sossio con cui abbiamo condiviso tutto della neuroradiologia: i progetti, le sconfitte, le delusioni, gli arrivi e le ripartenze, i problemi, le incomprensioni e Sossio che mi ha dato tutto di sé e del suo bell’essere, Dal Pozzo col suo sguardo sornione che mi ha insegnato ad osare e a intraprendere tante imprese che mai avrei pensato, e il prof. Ruggiero che si ferma , osserva e conclude “non è chic” e cammina via scuotendo il capo affollato di poesie e giudizi trancianti e mi pare di ascoltare….Massimo, Massimo non si sente niente…. col suo “non è chic” mi ha permesso di fermarmi dinanzi al limite dell’errore di comportamento non consono, non adeguato. . E Massimo Massimo che arriva sempre trafelato e sempre in ritardo , ma sempre preparato e capace di farti capire, di descrivere , di concludere. E Paolone Tortori, il mio compagno di tante serate e di tanti dubbi, chiarificatore, ma come fai a raccapezzarti in mezzo a tutte queste malformazioni, e Federico Zappoli “ tu metti l’introduttore nella femorale e poi ti fumi una sigaretta e pensi a quello che devi fare dopo…ma non fumo, fa niente hai le mani libere e puoi fare altro. E Beltramello, il virgilio nella discesa negli inferi di Pistolesi con la risalita nel paradiso della contentezza di aver capito cosa voleva il Veronese, il sorriso accattivante e placido di Consuelo, Andrea Falini che nasconde dietro la napoletanità del fazzoletto da taschino la sua scanzonatura colta, il “tirage” di Nadia Colombo che ti riporta all’attenzione per farti capire cos’è la displasia.
E Fabio Triulzi che è lui che mi ha fatto navigare con coraggio nei cervelli dei neonati, e Nicoletta Anzalone, compagna anche di solidarietà keniana a piangere la nostra grande sorella Rita Fossaceca, e il sorriso di Gianni Sirabella che riempie il suo viso e mi fa vedere i fuochi di artificio che illuminano la costiera amalfitana, e Gigi Simonetti che mi viene vicino e mi sussurra parole di affetto nell’orecchio e improvvise intuizioni, Giannino Pellicanò che seduto con le mani giunte sul pancino ti guarda con gli occhi buoni. Mario Muto tanto giovane là ad organizzare a Napoli tanti incontri e ad aprire un ponte con Lamerica, la tanto amata America. Matteo Bonetti che crede nell’ozono e inventa e crea una Rivista e mi fa girare come una trottola ad evangelizzare in India, in Cina , in Grecia dovunque, dovunque si possa parlare e fare proseliti alla causa: bei momenti mi diceva e socchiudeva gli occhi alla Jack Nicholson
Maurizio Resta, il compagno di tanta vita e tante avversità e noi sempre lì a pensare neuroradiologia e a combattere per passare quello che sapevamo agli altri perché non bisogna mai essere soli nel sapere e bisogna essere generosi.
Angelo Passerini dammi del tu Mino, mi fai sentire giovane e tu canta con noi Reginella, e poi su con tua moglie o mia bella madunnnina stonata nelle voci e stonata nell’ambiente di un balcone di un ristorante affacciato su Amalfi.
Giusi Santoro buon’anima, grande amico e “senti, mino, la calabria è terra dell’anima, lo sai anche tu che hai moglie calabrese” . E Antonio Armentano, caro amico di tanti tempi, state fermi là che vi faccio una foto con la polaroid d’altri tempi e con lui Pierluigi Lanza e Marcello Bartolo che occhieggiano e mi fanno sentire a Cosenza e sono un pezzo di me là nella punta d’Italia a me sono abituato a vivere nel tacco.
Beppe Bonaldi sa tutto, anche come fare la birra cruda e mi stupisce “ sai i colli delle camicie le disegno io al mio camiciaio”. Stefano Bastianello affannato corre da Roma a Pavia inseguendo i suoi sogni, libero. Carla Carollo come è bella Padova in una serata a ridere in un ristorante pugliese. Cesare (Colosimo) ma come l’hai fatta ad andare da Roma a Chieti sempre e tu a parlarmi di funghi e di una pesca su un “lago dorato” con i pesci che rigetti in fiume. Concetto Cristaudo è la mia Sicilia fatta di un ristorante al mercato del pesce di Catania e di un balcone affacciato su una piazza barocca che solo l’Isola sa ambientare. Maria Pia Pappalardo mi ride da lontano e mi porta ad assaggiare i cannoli di pentadattilo. Carlo Montaldo sempre abbronzato, sai c’ho il termometro e misuro la temperatura dell’acqua poi mi tuffo e io aggiungo in un mare bellissimo ma noi nel Salento non abbiamo niente da invidiare. Gigi Manfrè: ma a che velocità parli e ti mangi le parole e riempi le diapositive di giochi e di scritte, ma quante…quante, ma sai passare l’orgoglio siciliano e la tua grande competenza e il coraggio passato.
E Stefano Perini a bere vino insieme su un balcone di Ristorante affacciato sullo struscio amalfitano. Ogni giorno corri, Pierfausto (Ottaviano)? E sì , salto il pranzo e corro nei boschi..sai porto sempre gli scarpini con me e quando posso..verrò a correre con te ma quando..quando, Vincenzino Branca che masticava siciliano e seminava milanese, e Marcello Longo “come si chiama quel pesce che passa al largo di Messina, e un pugliese per tutti Roberto De Blasi.
E anche Peppe Vaccaro che mi ha lasciato in bocca il sapore di un vino, la luce della sua parte di Sicilia e l’incanto della sua famiglia.
Savoiardo sei tu il mio inarrivabile, chi cita il più remoto articolo, chi si divincola nelle statistiche più estreme ( lo so che non si dice) ma Mario è là aldilà. Ma Mario non è solo questo, è una persona dolcissima che mi ha rincuorato quando sono tornato indietro con lui da una “primavera” chè mio padre se ne stava andando.
Andrea Rossi, un giovane per tutti, garbato, colto, ma com’è che sai l’islandese? C’avevi una fidanzata? Suggerivo io, complice, guidato dal mio animo sessantottino di battaglie politiche ma anche di conquiste di nuove libertà….
Mario Cirillo nasce in quel di Trani e io vedo il futuro, mi affascina e mi intriga, è the other side of the moon della mia smania sugli infettivi, Ferdinando Caranci ragiona e impone il ragionare e mi guarda curioso del mio parlare, Alessandro Bozzao austero si apre in un sorriso di amicizia, Massimo Caulo in hoc nomime vinces, Elisa Ciceri sù scherziamo bevendoci un Amarone, Luigi Cirillo che ha potuto vivere, come me tanti anni fa, la bellezza di Marco Leonardi.
Quanti nomi quante persone quanti fatti quante vite e ne avrò dimenticati tanti e mi perdono perché non sono importanti i nomi, ma l’amicizia che mi avete regalato con un sorriso, una stretta di mano, uno sguardo, e tutti voi avrete nel vostro lavoro, nei vostri percorsi congressuali, nelle vostre gite a sfondo di educazione neuroradiologica i vostri Sossio, Marco, Giancarlo, Massimo e li rincontrerete con allegria e con affetto e la vostra vita non sarà stata vana se anche il lavoro, quello con la elle maiuscola sarà stato per voi un momento di amicizia.
Per me la neuroradiologia è stata un pretesto per avvicinarmi da un altro lato al calore dell’affetto di una amicizia, di tante amicizie e di tanti anche sconosciuti volti.
Grazie Mino, penso che questa intervista rappresenti un po’ tutti noi di una, due generazioni di neuroradiologi.
Non ci si può proiettare avanti senza conoscere il passato ed il presente e tu lo hai ricordato a tutti!