Ciao Marco, che piacere vederti (glielo dico sempre quando lo vedo, perché incontrarlo mi scalda il cuore).
Ciao Mino (e mi guarda col la sua solita aria burbera da cui fa capolino la scanzonatura e l’affetto).
Ho ricevuto un difficile incarico dal mio Presidente : intervistarti sulla Neuroradiologia.. la tua vita é stata ed é la Neuroradiologia, ma ritengo importante mettere nero su bianco i concetti tuoi, intuitivi e creativi , normativi e organizzativi.
– Iniziamo dalla formazione del Neuroradiologo
Bene, come ti ricorderai i miei studi iniziali mi avvicinarono dal versante radiologico alla Neuroradiologia: la mia formazione fu multiorgano, ma la mia sensazione di giovane fu incompletezza. Mi vedevo troppo servo del clinico al quale fornivo gli strumenti talvolta senza comprenderli, mi imbattevo nella chirurgia che dalle immagini traeva la strategia dell’intervento, mi ritrovavo a studiare prima e affannosamente il problema diagnostico e poi ne discutevo anche compitamente ma mi sentivo io un gigante dai piedi di argilla.
– Certo che questa immagine mitologica ti calza bene, sia per la stazza sia per il mito….
sempre con le tue citazioni storiche…Avanti, com’é la storia?
– Nabucodonosor che si lascia interpretare il sogno da Daniele: mi sarebbe piaciuto vedere quello che abbatte te con un sassolino al piede….
Ascolta: lascia che i miei ricordi di gioventù fluiscano lievi, per la prima volta trasformati in parole scritte: eventi sentiti vissuti e solo dopo interpretati.
Attraverso loro ho capito le mie scelte successive, spesso brusche, a strappi, ma più intuitive che strettamente pragmatiche
– Tu travolto da emozioni e salti in avanti? Tu che hai della tua vita con ordine incasellato bisogni e ambizioni?
Certo fa anche a me effetto sentirmelo dire. ma tant’è. Sai, Udine induce ai pensieri, alle domande e alle soluzioni con quel clima fosco e quell’ambiente di distacco: longobardo come dicevi tu! Ed ho capito come la neuroradiologia poteva saziare questa mia smania di pensare e agire, per tracciati diagnostici complessi in cui non bastava solo la contemplazione di una immagine, ma quella immagine dovevi farla: erano gli anni della craniologia con le sue rotazioni di tubo e di aggiustamenti della testa del paziente, della pneumoencefalografia, della Mielografia….e della angiografia , la mia amante…. E poi l’affannosa corsa tecnologica, la TAC, la Risonanza: il dover ricominciare tutto e ogni volta daccapo, sfruttando l’abbrivio delle precedenti conoscenze ma talvolta dovendo dipendere dai miei collaboratori, ma con il malcelato orgoglio di aver formato un gruppo…
– E il non aveva solo una matrice Udinese o milanese o bolognese, ma anche italiana con i tanti tuoi correi nel vedere la comunione delle esperienze. Ed io uno di questi nella partenza Udinese della Risonanza. Ti ricordi Marco che non c’era distinzione tra reparto, casa e cene. Si parlava solo di quello che stavamo facendo. (Sogghigna).
Dalla tua amante (l’angiografia…) discende il nuovo dialogo: L’interventistica non è tutto e non è di pochi
certo una affermazione pesante , quasi un ossimoro quando la pronunciasti. Non ricordo il luogo: forse Selva di val Gardena in una riunione di Zappoli e Sirabella (4 o 5 N si chiamava) ed entrasti in contrasto con tanti e iniziasti l’evangelizzazione girando per tutta l’Italia ad aiutare i neofiti.
Mumble mumble (bofonchia)
– Io sono stato sempre convinto che l’amore per il tuo lavoro e la generosità nei confronti dei pazienti faccia volare le tue mani. Un approccio rigoroso al problema, una strategia masticata prima, pronti a correggere gli errori di percorso, a fronteggiare gli imprevisti, a mantenersi calmi nell’incidente permetteranno a molti di dedicarsi a questa parte, integrante, della Neuroradiologia. E non esiste una Interventistica di primo o di secondo livello, ma una procedura adeguata alle tue capacità e alla tua umiltà. E non esiste Interventistica più o meno nobile tra vascolare e vertebrale, ma solo sollievo per il paziente.
Dicevi non è tutto…
Perché non si può prescindere da una formazione neuroradiologica, non si può essere Interventisti senza una base neuroradiologica, e non si può essere neuroradiologo senza sapere di Interventistica, non nel fare ma nel consigliare, ad affidare al collega esperto.
– Uno e trino l’ho detto tante volte…
Certo hai sintetizzato il mio pensiero con una delle tue solite uscite ad effetto (ridacchia…)
– Riparliamo della formazione del neuroradiologo: questo tuo anelito viene da lontano….
Certamente la Societá Europea ha tracciato un solco profondo ed io l’ho percorso fin dall’inizio. Ho sempre creduto che una settimana chiusi in una specie di collegio con colleghi di tante nazioni, con i docenti che mangiavano con te e che si cimentavano con te in una specie di giochi senza frontiere creassero l’esprit de la Neuroradiologie, (lasciami passare il francese per rispetto ai primi maestri che cominciarono) , che tanto ha permeato noi, voi e le generazioni che si sono succedute, fino al Master che è stato…
– The Paradise Regained…
Eccone un’altra….Il Diploma che avevo sempre sognato! Purtroppo i lacci normativi e legislativi non hanno permesso la trasformazione di questo certificato in Italia in vincolo per esercitare la branca professionale che ci si era sognato e che ci si era preparati con tanta difficoltà e tanto impegno, e tanto spirito di affermazione. Eravamo arrivati tanto così vicini alla Scuola di Specializzazione e poi tutto si è dissolto, dileguato, è scomparso.
– Marco, ancora a distanza di tanti anni riemerge il tuo spirito guerriero, dilati le froghe, non ti arrendi…
Mai, perché ci credo, perché ho creduto… (guarda il piatto con uno stinco di maiale ben fatto e portato da una cameriera al tavolo accanto. Con cupidigia. Eravamo a Bratislava insieme ). Perché la formazione è indispensabile in tutti i campi e non è solo appannaggio dell’Università ma anche degli Ospedali che devono essere parti attive del sistema, integrando e aiutando lo specializzando a sentire l’odore del giornaliero, del difficile perché hai pochi mezzi a disposizione, perché hai colleghi che talvolta non seguono l’anelito della curiosità, perché sommersi da un mare di carte, da comportamenti illogici indotti dalle situazioni. E comunque questa sensazione di confusione, di pressione, di incongruità non è appannaggio solo degli ospedali ma anche dei policlinici universitari. È la sanità dei nostri giorni.
– La passione ti prende….
No, no. La formazione neuroradiologica è peculiare. Necessita del substrato neurologico e neurochirurgico, che non si può imparare rubando una informazione, riguardando i libri, ricordando le lezioni …. non solo la Neuroradiologia si evolve e acquisisce novità tecnologiche, tutta la Medicina cresce…E quindi ancora una volta una Specialità autonoma o forse l’ultimo anno di Radiologia dedicato. O forse un master post specializzazione ma con un substrato amministrativo e normativo vincolante al futuro di assunzione.
– Quindi se vuoi fare il Neuroradiologo lo devi sapere per tempo..
Certo anche se tanti di noi lo sono diventati in corsa, innamorandosi.
– Ti faccio una domanda da cui non puoi fuggire. Ne abbiamo parlato tante volte discutendo e spiegandoci: che ne pensi dei soggiorni formativi all’estero?
Beh tanti anni fa erano indispensabili: non avevamo tanti punti di riferimento e poi vedevamo che i nostri Maestri ci erano andati, in Francia tanti, negli Stati Uniti. Ora è un po’ diverso: Abbiamo tanti Centri di eccellenza sparsi per l’Italia che assolverebbero a questo ruolo, ma l’esperienza fuori Italia dà un approccio diverso alla vita, ti fa vivere in un mondo diverso non so se migliore, ma ti insegna la multiculturalità.
– Certo tu sei stato esempio di questo: hai viaggiato per il mondo, sei arrivato in posti tanto sperduti e tanto improbabili: la cina più lontana, l’Iran, l’India, hai evangelizzato dovunque…
Oh sempre questi paroloni : evangelizzazione… non so se hanno imparato di più chi mi ascoltava o io che ascoltavo loro…
– Un ultima domanda: la Rivista.
Tocchi una ferita aperta. Bene ,fammi dire che l’inizio è stato avventuroso. Oltre al mio assoluto anelito scientifico un po’ ha giocato la carta della nazionalità e dell’appartenenza. Abbiamo visto pubblicare tanti begli articoli da tanti centri italiani che non avrebbero avuto il coraggio di sottoporre i loro studi a Riviste più note e più blasonate, ma che poi hanno acquisito baldanza e orgoglio per cimentarsi. Poi c’è stata la comparsa di autori indiani, cinesi, asiatici, sudamericani, dei paesi dell’Est Europa e abbiamo dato la voce a tanti.
– l’elenco delle Società Scientifiche che avevano come organo la Rivista faceva impressione…
Alcune avevano un pugno di membri…
Però quando andavamo chissà dove era bello vederti abbracciare da tanti e sentire il “Marco!” con tanti accenti..(si schernisce: è timido)
Io credo e ho sempre creduto che i giovani debbano mettere per iscritto i loro studi, anche i più semplici: così si trasforma in parole l’impegno di tante ore a studiare e a discutere, e non c’è solo il tuo direttore che ti suggerisce, ma ci sei tu che devi credere in te stesso e che che devi guadagnarti i galloni di “primo nome”.
– Grazie: la fine è quella giusta! Finiamo come abbiamo cominciato: i giovani e la neuroradiologia, e come è cominciata la mia amicizia con te, tanti anni fa (79? 80?): chiamami Marco, mi dicesti e io che ti vedevo un Neuroradiologo che dirigeva, che parlava ai congressi, che era andato all’estero a studiare con Wackenheim, che era consigliere della nostra Società, mi ritrovai a far parte del tuo mondo di amicizia.
Marco mi manchi.